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Omicidio suicidio in centro a Palermo, morti marito e moglie: la donna aveva una pistola in mano

Palermo: clochard bruciato vivo. L'assassino confessa: "L'ho fatto per gelosia". Il video dell'aggressione

La vittima è Marcello Cimino, un senzatetto palermitano di 45 anni. L'omicida è un benzinaio, Giuseppe Pecoraro. Non aveva gradito alcuni apprezzamenti alla sua donna. Il ministro Minniti: "Non un clochard, era un uomo"

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Dopo mezz'ora è crollato e ha confesssato. "Ero geloso, la insidiava. Faceva battute che non mi piacevano". Ha confessato l'assassino di Marcello Cimino, il clochard bruciato vivo la notte scorsa a Palermo. Si tratta di Giuseppe Pecoraro, impiegato in un benzinaio della zona, ha 45 anni. L'uomo, fermato dalla polizia dopo un interrogatorio con l'accusa di omicidio volontario, ha agito per gelosia. Pecoraro, secondo quanto ha raccontato lui stesso, non aveva gradito alcuni apprezzamenti della vittima alla sua donna. Avevano avuto un litigio i due uomini, poi Pecoraro è ritornato di notte per uccidere Cimino. Destini incrociati quelli dei due uomini, si incontravano ogni giorno nella mensa dei poveri dei frati cappuccini. I due si conoscevano da tempo. Perché tutto il loro mondo era lì, davanti ai cancelli del refettorio dove trascorrevano gran parte delle giornate. Marcello aveva persino ottenuto il permesso di dormire, con pochi altri, sotto i portici all’ingresso. Durante il giorno chiacchierava con la gente della zona, si procurava qualche sigaretta e stava lì cercando di ricambiare l’ospitalità dei cappuccini con piccoli lavoretti. Anche Giuseppe quando finiva il suo turno di lavoro raggiungeva la mensa, a mezzogiorno, puntuale, o anche prima per paura di perdere il posto a tavola. Sempre le stesse persone, sempre gli stessi problemi di cui parlare, dai pochi soldi alle difficoltà familiari, e soprattutto sempre la stessa donna al centro delle loro attenzioni. Fino a quando la situazione è precipitata.

Il benzinaio è stato individuato e bloccato in strada. Si era fatto la barba, probabilmente per non essere riconosciuto, ma aveva una vistosa bruciatura su una mano. Ai poliziotti ha dapprima detto di esserserla procurata usando la macchinetta del caffè, ma gli investigatori non gli hanno creduto. Accompagnato alla squadra mobile, ha ammesso tutto. Ad assisterlo, durante l'interrogatorio, i suoi avvocati, Brigida Alaimo e Carolina Varchi. Poi, l'uomo è stato trasferito in carcere.

Dice oggi il ministro dell'Interno, Marco Minniti: "Abbiamo visto delle immagini drammatiche da Palermo. Non bisogna chiamarlo clochard, era un uomo e bisogna chiamarlo con il suo nome: Marcello Cimino, è stato assassinato nel modo più barbaro possibile, non c'é nulla di più drammatico di dare fuoco a una persona, e con orgoglio dico che in poche ore la polizia di Palermo ha arrestato e assicurato alla giustizia quel barbaro".

"Sono stati raccolti una serie di inconfutabili elementi che dimostrano la responsabilità del fermato", dice il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti. "Per le attività investigative ci siamo avvalsi delle immagini del convento dei Cappuccini e di una serie di riscontri, studiando le giornate precedenti al brutale omicidio".

"Sono stati ascoltati dei testi - prosegue Ruperti - e fatte attività di riscontro che ci hanno permesso di arrivare all'identificazione del responsabile. Questa triste vicenda trova origine in futili motivi, un astio che nell'ultimo periodo si era evoluto per una gelosia che Pecoraro aveva nei confronti del senzatetto, per via del corteggiamento della sua donna. L'uomo alla fine ha confessato, ha raccontato la sua versione dei fatti. Non lo abbiamo trovato a casa, ma in strada, si era fatto la barba e aveva cercato di occultare le piccole ustioni che aveva sul corpo, soprattutto quella alla mano".

 
Marcello Cimino 
Le immagini del brutale omicidio sono state immortalate da una telecamera di sorveglianza: "Repubblica" ve le mostra in esclusiva.

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La tragedia si è consumata poco dopo mezzanotte sotto un portico della missione San Francesco. I vicini, sentendo le urla disperate dell'uomo hanno dato l'allarme ma quando sono arrivati i vigili del fuoco per Marcello Cimino non c'era più nulla da fare.

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Nella notte gli uomini della squadra mobile avevano messo sotto torchio un fruttivendolo e la sua famiglia. Tutti lavorano nella bottega vicino alla mensa per i poveri. Di certo, secondo gli investigatori, sapevano qualcosa. Perché ieri Marcello Cimino, qualche ora prima di morire bruciato vivo, aveva litigato con un uomo.

Marcello, secondo quanto raccontano due compagni di rifugio, era un senzatetto che utilizzava il portico della missione San Francesco gestito dai frati cappuccini come riparo per la notte. "Sono uscito un attimo e quando sono tornato ho trovato Marcello già morto - racconta Fabio, 30 anni anche lui senza fissa dimora - So poco della sua vita, di giorno ognuno andava per la propria strada, non so nemmeno se avesse famiglia o figli. E' sempre stato un tipo tranquillo che si faceva gli affari suoi". Gli agenti della squadra mobile che questa notte hanno setacciato tutto il complesso di proprietà dell'ordine religioso e le strade attorno. Anche i pompieri, prima che la polizia visionasse l'agghiacciante filmato, aveva dato precise indicazione: sul muro esterno della mensa per i poveri (chiusa da tempo) c'erano lunghi baffi neri, segno del fuoco. "I segni delle fiamme hanno annerito i muri fino al soffitto - commenta un vigile del fuoco - Questo è compatibile con la presenza di liquido infiammabile".

Per tutta la notte la polizia ha cercato nei cassonetti della zona e nei vicini giardini comunali il contenitore del liquido infiammabile. Sulla strada, a poca distanza dall'entrata della missione ieri notte c'erano diverse tracce di benzina.

"Stiamo lavorando", erano state le uniche parole pronunciate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, che coordina l'inchiesta sull'omicidio di Marcello Cimino. La procura di Palermo ha anche aperto una indagine sulla diffusione del video che riprende l'omicidio. Gli inquirenti ipotizzano i reati di violazione del segreto istruttorio e favoreggiamento.

Il sindaco di Palermo: "Gesto di pura barbarie".  "Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando - annuncia una nota del Comune - ha avuto stamane un colloquio telefonico con il questore Renato Cortese circa le indagini sul brutale assassinio di Marcello Cimino, avvenuto stanotte all'esterno del complesso cimiteriale dei Cappuccini". "Come tutti - commenta Orlando - siamo turbati da tanta brutale violenza e ci auguriamo che i colpevoli siano presto assicurati alla Giustizia e giudicati per un gesto di pura barbarie".  "Occorre che Palermo risponda a questa violenza", aggiunge il primo cittadino, che invita tutti i palermitani a essere presenti domani in piazza Cappuccini per "una fiaccolata silenziosa che risponda con civiltà e raccoglimento a questo momento di orrore". L'appuntamento è per le 20. Orlando ha disposto anche l'esposizione delle bandiere a mezz'asta al Palazzo comunale.

L'arcivescovo Lorefice: "Il cuore si strappa". "Indignazione" e "presa di distanza" arrivano dall'arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice e anche un appello ad interrogarsi su tanta efferatezza. "E' impensabile che un uomo sia capace di un gesto così efferato", afferma Corrado Lorefice in un'intervista a Radio Vaticana. "E' terribile - osserva il presule - pensare fino a che un uomo è capace di spingersi, e di fare un gesto di questo genere. Vuol dire che il cuore degli uomini sta diventando di pietra, perde la propria identità. Vedere quelle immagini significa che il cuore si strappa". Da qui tutta "l'indignazione per un gesto che si consuma nei confronti di gente che porta dentro un disagio, segno di povertà non solo materiale. E, anche se i poveri possono dare problemi, - avverte Lorefice - non è assolutamente ipotizzabile un atto scellerato del genere". Un gesto tanto efferato che, come dice Lorefice, deve fare interrogare tutta la società a lavorare per un "cultura del dialogo, della non violenza. Siamo tutti interpellati a ripensare la nostra vita in altri termini. Cosa che sento anche come vescovo. Prendere le distanze da questo atto che mi suscita indignazione".

L'arcivescovo di Palermo riflette sulla realtà dei tanti poveri in città e sulla loro scelta di non dipendere da strutture: "Ci sono clochard che sono del luogo e altri che vengono da fuori e sono stranieri. A Palermo ci sono tante realtà. Penso alla realtà di Biagio Conte che ospita più di mille persone, strutture della Caritas dove possiamo ospitare ma i clochard non sempre accettano". Lorefice parla del clochard bruciato nella notte: "tutti i giorni andava alla mensa dei frati cappuccini e poi al 'Boccone del povero' per la cena ma non voleva essere ospitato in una struttura. Volutamente un clochard non vuole dipendere, ma quando succedono cose di questo genere non c'è giustificazione. Un fatto del genere ci deve interpellare: fare di tutto per una cultura della non violenza".