Gesuita, spagnolo, conosciuto dai più come una persona affabile ma ferma nelle sue posizioni, di orientamento “conservatore”, è monsignor Luis Ladaria Ferrer il nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, dove dal 2008 svolge il ruolo di segretario per volontà di Benedetto XVI. Una successione naturale, dunque, al 69enne cardinale bavarese Gerhard Ludwig Müller, che domani 2 luglio conclude il suo primo quinquennio alla guida dell’ex Sant’Uffizio.

La comunicazione ufficiale della nomina del prelato spagnolo doveva infatti essere resa nota lunedì 3 luglio, ma è stata confermata oggi con un bollettino delle 12 della Sala Stampa vaticana, probabilmente per le anticipazioni circolate già ieri sera sul web circa il mancato rinnovo di Müller come vertice dell’ex Sant’Uffizio.

Nella Congregazione che si occupa di salvaguardare l’ortodossia cristiana monsignor Ladaria vi lavora dunque da circa un decennio, dopo aver preso il posto del cardinale salesiano Angelo Amato, promosso da Ratzinger a prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Figura molto riservata e poco mediatica, rimasta sempre dietro la scrivania che fu pure del cardinale Bertone, il prelato era stato nominato da Papa Francesco il 2 agosto 2016 presidente della Commissione che deve studiare la delicata questione del Diaconato delle donne.

Nato a Manacor, la seconda città, dopo Palma, dell’isola di Maiorca nelle Baleari, il 19 aprile 1944, Ladaria è laureato presso l’Università di Madrid nel 1966, anno in cui entra a far parte della Compagnia di Gesù. Come raccontava egli stesso in una vecchia intervista al mensile 30Giorni: «Studiavo Legge ma mi rendevo conto che non era quello che desideravo. Volevo diventare sacerdote e la Compagnia di Gesù, che avevo conosciuto, mi piaceva. E quindi è stato un cammino aperto davanti a me che ho intrapreso quasi con naturalezza». 

Compie gli studi di Filosofia e Teologia presso l’Università Pontificia Comillas e la Philosophisch-Theologische Hochschule Sankt Georgen, mentre nel mondo imperversano le rivoluzioni giovanili del ’68. «Fu un anno turbolento anche in Spagna. Ma io emisi i voti tranquillamente, senza badare troppo a quelle turbolenze. Mi piaceva studiare e studiavo», spiegava nel medesimo colloquio.

Nel 1973, Ladaria riceve l’ordinazione sacerdotale; due anni dopo consegue il dottorato in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, dove diventa nell’84 ordinario di Teologia dogmatica alla Facoltà di Teologia e vice-rettore dal 1986 al 1994. «La Gregoriana – ricorda - mi ha insegnato a vivere in un ambiente internazionale, con studenti provenienti da oltre cento Paesi, di diverse lingue, razze e culture. Tutte accomunate dall’amore allo studio, ma soprattutto al Signore e alla Sua Chiesa». E gli studenti ancora conservano un felice ricordo del professore Ladaria, delle sue lezioni, del suo metodo, degli esami in Teologia.

Il suo primo ingresso nella Congregazione per la Dottrina della Fede risale al 1995 quando Giovanni Paolo II lo nomina consultore; nel 2004 assume invece l’incarico di segretario generale della Commissione Teologica Internazionale della quale era membro dal ’92 e di cui rammenta «con piacere le approfondite discussioni che si facevano sul tema dei rapporti tra cristianesimo e le altre religioni. Gli interventi del cardinale Ratzinger erano sempre molto precisi e profondi e la discussione era sempre di alto livello. Il lavoro di questa Commissione è molto interessante sia per i temi trattati, sempre di grande importanza, sia per il respiro internazionale, e cattolico, che vi si respira». 

È del luglio 2008 la nomina come segretario della Congregazione chiamata un tempo “La Suprema”; nello stesso mese viene eletto arcivescovo titolare di Tibica. Nel 2016 Bergoglio lo pone a capo della Commissione sul Diaconato delle donne; commissione di cui il prelato ha sempre tenuto a precisare gli obiettivi: «Uno studio oggettivo, non per arrivare ad una decisione, ma per studiare come stavano le cose nei primi tempi della Chiesa», diceva a caldo della nomina. «Si vuole dare al Santo Padre solo alcuni elementi di giudizio e niente più. Una riflessione serena senza pressioni e senza l’impellenza di arrivare ad una decisione in tempi brevi».

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